Il Dragone, che scorre per oltre 30 chilometri lungo la dorsale appenninica fino a raggiungere il Dolo, prende origine dai numerosi ruscelli e corsi d’acqua che nei pressi del Passo delle Radici attraversano il crinale. Sull’origine del nome della valle, la fantasia di ognuno di noi può accogliere la tesi che ritiene più interessante: il rumoreggiare violento delle acque o gli antichi racconti sulla presenza di animali mostruosi, ma anche il culto medievale di Santa Margherita di Antiochia raffigurata mentre colpisce un drago.
La corsa finale del Dragone è dominata dal Monte Santa Giulia (935 m), da cui si gode un incantevole panorama sulla pianura e sulle valli circostanti. L’intera area del Monte Santa Giulia tra l’autunno ’43 e l’aprile ’45 è stato teatro di duri combattimenti durante la lotta di liberazione e attualmente è sede di un interessante Parco naturale al cui interno si trova il Memorial Santa Giulia, un complesso scultoreo realizzato per ricordare quegli eventi.
Su di uno sperone a picco sul Dragone, merita una visita l’antica chiesetta romanica di San Vitale (XIII secolo). Sulla sponda opposta del torrente si trova Vitriola antichissima corte medievale, dove si trova la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo fondata secondo la tradizione da Matilde di Canossa e dalla madre Beatrice nel IX, restaurata e in parte ricostruita nel 1841, conserva l’antica fronte e parte dei fianchi. La posizione ideale che declina dolcemente verso il torrente, il clima mite che da sempre ha facilitato l’attività agricola e l’allevamento, il maggior popolamento della zona sono alcuni degli elementi che hanno favorito l’insediamento umano e la costruzione di edifici con precise caratteristiche quali le case torri. Meritano una sosta i piccoli borghi (Ca’ de Bongi, Ca’ di Bellucci, Ca’ Tonelli, Borgo) nei quali è possibile scorgere esempi di case-forti, case -torri, portali scolpiti, conci in arenaria in buono stato di conservazione.
Montefiorino. Il centro è dominato dalla possente Rocca Medievale, cuore nevralgico del paese e sede del Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza Italiana. Dal borgo si raggiungono interessanti località e angoli verdi, utilizzando i numerosi sentieri segnalati.
La sponda destra del Dragone accoglie il complesso degli Ofioliti più significativo dell’Appennino modenese: i Cinghi di Boccassuolo. “Poggio Bianco Dragone” Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) giganteschi speroni isolati di colore bruno o verdastro di origine eruttiva – emersi due milioni di anni fa dall’oceano – diventano punti di osservazione privilegiati. Uno splendido esempio è l’isolato campanile di Boccasuolo, costruito su uno scoglio rossastro. Fin dall’antichità l’intera zona era nota per la presenza di giacimenti di rame e pirite, che vennero sfruttati fino ai primi decenni del Novecento. La ricerca delle antiche miniere è un’avventura da non affrontare senza accompagnatori esperti per le asperità del luogo e la natura selvaggia.
Meritano una visita: il Poggio Bianco Dragone (905 m), a picco sul torrente, si trova all’estremità occidentale del Cinghi di Boccassuolo e domina l’intera vallata del Dragone e il Cinghio del Corvo, emergenza rocciosa ai piedi del Monte Cantiere (1617 m).
Anche sulla riva sinistra del Dragone, nei pressi di Lago, emergono con selvaggia imponenza le rocce ofilitiche della Rupe del Monte Calvario (788 m) e il Poggio Medola (691 m), anche’essi facenti parte del Sito di Importanza Comunitaria – S.I.C. “Poggio Bianco Dragone”.
Nel borgo di Medola sorgeva un importante castello, collocato in posizione strategica, a difesa delle Terre della Badia di Frassinoro. Alla sinistra del Dragone alto sul fondovalle, è posto Frassinoro. Al centro di un enorme bosco nei pressi della Via Bibulca, esisteva un luogo di sosta, un semplice ospizio, collegato ad una cappella dedicata alla Vergine Assunta. La lanterna accesa appesa ad un ramo di frassino nei pressi della porta della cappella è con ogni probabilità l’origine della denominazione “Frassino d’oro” e da qui “Frassinoro” dato successivamente alla località. La sua storia ha inizio quando Beatrice di Lorena, madre di Matilde di Canossa, nel 1071 decide di fondarvi un monastero benedettino, dotato di vasti possedimenti territoriali, rocche, chiese e beni per un’estensione di oltre 18.000 ettari. L’intero complesso monastico è andato completamente distrutto nel XV secolo, dopo un lungo periodo di abbandono e incuria. Nell’attuale chiesa – Chiesa abbaziale di S. Maria e S. Claudio – è stata allestito uno spazio museale con colonne e capitelli provenienti dalle antiche fabbriche abbaziali. Nei pressi di Cargedolo, sulle rive del Dragone si trovano numerosi mulini ad acqua (Mulino di Silvestro, Mulino del Grillo, Mulino del Fante). Carraie immerse nel verde e spesso delimitate da muretti a secco conducono verso questi fabbricati rurali sei-settecenteschi, strettamente legati all’economia e alla tradizione locale, che in alcuni casi si presentano ancora in buone condizioni.
Piandelagotti. Rinomato centro turistico-sportivo, attrezzato con decine di chilometri di piste per lo sci nordico e per piacevoli passeggiate con le ciaspole, in estate offre la possibilità di escursioni in mountain bike, a piedi e a cavallo. La località sorge in quella che un tempo veniva definita Selva Romanesca – un’immensa area boschiva di origini antichissime – poi disboscata a favore delle coltivazioni agricole e delle attività commerciali che si svolgevano lungo la Via Bibulca. Interessanti gli scorci panoramici che si aprono sul crinale che divide il Torrente Dragone dallo Scotenna, in particolare il Sasso Tignoso (1487 m) grande e isolato massiccio ofiolitico, caratterizzato da guglie di roccia prive di vegetazione, che la leggenda ricorda come rifugio di un brigante.
L’alta Valle del Dragone attraversa una particolarissima area pianeggiante a ridosso del crinale appenninico: i Prati di San Geminiano (1456 m). Il transito della Via Bibulca in questa area, aveva giustificato la costruzione nell’XI secolo di un ospizio per l’assistenza ai viandanti, andato completamente perduto. Le uniche costruzioni di oggi sono una piccola chiesa e una casa colonica. Sono numerosi i sentieri escursionistici e le zone di straordinario interesse naturalistico che offrono suggestivi paesaggi: in particolare la foresta di faggi denominata Boscoreale e il pianoro Le Maccherie (1539 m) con l’annessa zona umida. A oltre 1500 m di altezza dove il Dragone comincia a prendere forma, tra boschi di faggio, si trova San Pellegrino d’Alpe, splendido balcone sulla vallata della Garfagnana e le Alpi Apuane. Il paese ospita il Santuario di S. Pellegrino e S. Bianco e l’annesso Ospizio, nato come ricovero per i numerosi pellegrini che percorrevano il tratto più impervio e disagevole della Via Bibulca. I cumuli di sassi che è possibile vedere presso il Giro del Diavolo sono stati portati nei secoli dai pellegrini sul luogo dove, secondo la tradizione, il demonio, stanco della resistenza di Pellegrino, gli diede un ceffone facendolo ruotare tre volte su se stesso lungo una circonferenza di oltre 100 metri. Nei locali dell’antico ospizio ha sede il Museo etnografico provinciale Don Luigi Pellegrini, che conserva oltre 4000 oggetti di uso rurale e domestico dell’Appennino tosco-emiliano dagli inizia dell’Ottocento ai giorni nostri, e rappresenta uno dei più importanti musei della cultura materiale del centro Italia.
Salendo nei pressi di Monte Stefano, i torrenti Dolo e Dragone si riuniscono, per annullarsi poco dopo nella Secchia. La valle del Dolo accoglie uno dei massimi esempi di arte romanica modenese: la Pieve di S. Maria Assunta di Rubbiano (metà del VII secolo). Di notevole interesse sono le absidi arricchite da ornamenti, i capitelli, le volte con decori vegetali e zoomorfi . All’interno merita attenzione la bellissima acquasantiera di marmo apuano con figure di sirene del XII-XIII sec. Collocata in un paesaggio di forte fascino, fu costruita sull’antico tracciato della la Via Bibulca, “autostrada” del Medioevo che permetteva il passaggio di due buoi aggiogati e collegava l’Emilia alla Toscana. Nei pressi di Ponte Dolo si trova la Centrale idroelettrica di Farneta. Progettata con lo scopo di sfruttare le acque dei bacini imbriferi dei due torrenti Dolo e Dragone, la centrale viene realizzata tra il 1924 e il 1928 in collegamento con gli invasi di Riccovolto e Fontanaluccia. L’intero complesso, oggi interessante esempio di archeologia industriale, nasce allo scopo di produrre energia elettrica per il funzionamento delle potenti idrovore utilizzate nelle opere di bonifica della bassa pianura emiliana. La Centrale, ancora oggi in funzione, ospita al suo interno, un interessante spazio museale e didattico. Passato Macognano sulla sponda opposta del Dolo meritano una visita le fonti sulfuree di Quara, già conosciute in epoca romana per le prodigiose virtù terapeutiche. Da qui il paesaggio si fa più selvaggio fi no a presentare pareti quasi verticali sulla valle. Di particolare suggestione è il ponte di Cadignano attraversato dal “Sentiero Matilde”. Con una sola grande arcata a schiena d’asino, affiancata da un fornice laterale, il ponte fu realizzato sul finire del Seicento e rappresenta un capolavoro non solo da un punto di vista architettonico, ma anche per la perfetta cornice ambientale che lo circonda. Isolato e arroccato sopra ad un affioramento roccioso, si trova il paese di Romanoro. La sua origine longobarda è rimasta solo nella toponomastica, mentre il piccolo centro presenta costruzioni tipiche ed interessanti, ma di epoche successive. Oggi l’intero borgo e i territori circostanti sono famosi soprattutto per la produzione dei tartufi . La valle del Dolo si allarga in prossimità dell’abitato di Rovolo, un incantevole borgo di origine medievale, che ha mantenuto ancora visibili molti elementi strutturali e architettonici tipici dell’epoca. Con un ampio giro il Dolo crea quell’immenso anfiteatro che accoglie la conca di Fontanaluccia. Si tratta di un lago artificiale formato da una diga in cemento armato con rifiniture in arenaria, che alimenta la Centrale Idroelettrica di Farneta attraverso una galleria scavata nella roccia viva. Costruita alla fi ne degli anni venti del Novecento, il manufatto rappresenta un interessante esempio di ingegneria idraulica, caratterizzato da spettacolari contrafforti ad arcate.