Le Case Torri: un patrimonio diffuso

Nella valle del Dragone sorsero in epoca medioevale numerose case-torri: si tratta di costruzioni destinate contemporaneamente ad essere abitazioni rurali, fortificazioni e torri di vedetta. La particolare conformazione di questi edifici è da ricondurre alla loro funzione di sorveglianza e difesa dei raccolti. Si tratta infatti di abitazioni alte in media tre o quattro piani, realizzate con pietre squadrate e con muri molto spessi, larghi quasi un metro. Si accedeva ai piani superiori mediante scale in legno e quella posta al primo piano poteva abitualmente essere ritirata nottetempo per impedire l’accesso ai piani superiori. Delle piccole finestrelle delimitate da “regge”, pietre debitamente squadrate, permettevano l’illuminazione (seppur scarsa) degli ambienti e una copertura di lastre di ardesia dette “piagne”, a quattro spioventi, dava loro un senso di solidità e sicurezza.

Le Case Torri di Vitriola

Numerose costruzioni di questo tipo sorsero a Vitriola e alcune di queste sono ancora ben visibili anche se le ingiurie del tempo le hanno ridotte in uno stato precario. Sono particolarmente suggestive la Torre dei Mucci, detta anche “Torre dei Vignaioli”, posta come vedetta al ponte che attraversa il fiume Dragone e la Torre di Ca’ Baroni, una costruzione robusta ed elegante per gli architravi e gli stipiti finemente elaborati. Quest’ultima ha subito di recente un importante intervento di restauro ed è oggi una delle meglio conservate. La Casa-Torre del Pignone è abbellita da un portone duecentesco e da pietre angolari di notevoli dimensioni che le donano un senso di raffinatezza e solidità. Le altre sono ora quasi completamente diroccate o inglobate in edifici più recenti: ricordiamo quelle di Dardagna, di Casa Bellucci, di Ca’ de Bongi e di Ca’ de Borlenghi.


La Rocca di Montefiorino

Una poderosa fortezza che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone.
Posta su uno sperone roccioso che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone, la Rocca sorse probabilmente su una postazione dei Liguri e poi dei Romani; si sviluppò attorno al mastio, costruito nel 1170 da Bernardo Montecuccoli feudatario dell’Abate di Frassinoro, a difesa delle terre soggette all’Abbazia. Baluardo dei Montecuccoli, presidio sui percorsi medievali dei pellegrini, nel 1426 passò agli Este.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fu il principale avamposto del governo democratico della “Repubblica Partigiana di Montefiorino” (Giugno-Agosto 1944).
Oggi la Rocca ospita al suo interno il “Museo della Repubblica Partigiana e della Resistenza Italiana”, un ricchissimo museo che offre ai visitatori un percorso integrato, capace di unire la presenza di moltissimi reperti storici a strumenti multimediali interattivi per un’esperienza culturale coinvolgente e unica.

L’antica torre di guardia, grazie ad un intervento di recupero, è oggi visitabile e alla sua sommità è presente un balcone panoramico con vista a 360° sulle valli Dolo e Dragone e sulle vette dei monti Cimone e Cusna.

Una Rocca “Rock”

Montefiorino, Palagano e Frassinoro condividono una naturale propensione artistica e un legame quasi simbiotico tra i giovani del territorio e la musica. Sono tantissime le band in relazione al numero di abitanti. Molti di questi complessi musicali realizzano delle proposte inedite che coprono un ampio spettro di generi musicali. Dal rock al blues, dal country allo ska.

Proprio la Rocca ospita spesso questi happening musicali, che in altri paesi potrebbe tradursi nella più classica delle Battle of The Band: il “Rocca Rock”.
Oltre a questo evento la Rocca di Montefiorino ospita già da alcuni anni il concerto di fine anno di Rockwood, la prima School of Rock dell’Appennino Modenese con sede a Montefiorino.



La Centrale Idroelettrica di Farneta

Tra le opere di archeologia industriale più spettacolari del territorio modenese, spicca senza ombra di dubbio la centrale idroelettrica di Farneta,

A Farneta si trova una delle maggiori testimonianze della tecnologia industriale idroelettrica: la centrale “Romeo Melli”, conosciuta dagli abitanti del nostro territorio semplicemente come  “La Centrale“.
Edificata tra il 1924 e il 1929 la Centrale Idroelettrica sfruttava le acque del torrente Dolo tramite la diga di Fontanaluccia.

L’edificio principale, che consiste nel corpo centrale dell’intera struttura, è davvero spettacolare e realizzato totalmente in stile liberty.

La particolarità della Centrale di Farneta è data dalla suggestiva commistione tra reperti originali e dettagli d’epoca con le tecnologie e gli strumenti tecnologici tuttora presenti sull’impianto.
Oltre alla sezione “museale” della Centrale che presenta una mostra permanente degli impianti storici che può essere visitata su prenotazione, troviamo anche delle aree in cui è possibile l’accesso ai visitatori che vogliono conoscere il funzionamento della centrale e scoprire i segreti delle tecnologie e dei macchinari ancora attivi e funzionanti.
Le strutture d’epoca sono state tutte sottoposte a un restauro conservativo che ha contribuito a renderle fruibili, senza intaccarne le caratteristiche originali e le particolarità storiche.

All’interno della Centrale si trova una grande sala che ha mantenuto intatti i decori dell’epoca. Questa sala oggi è adibita a museo e raccoglie a scopo didattico uno dei quattro gruppi turbina alternatore, con la sala quadri di comando e controllo della vecchia centrale e varie attrezzature necessarie per la manutenzione dell’impianto.

Oltre a essere uno dei più interessanti esempi di archeologia e architettura industriale della regione Emilia Romagna, la centrale di Farneta è un museo vivo, assolutamente da non perdere per tutti gli amanti della storia e della meccanica.



Il Santuario di San Pellegrino in Alpe

Una scenografica balconata naturale. Amministrativamente il centro di San Pellegrino in Alpe è un’exclave del comune di Frassinoro e con i suoi 1525 m.s.l.m è il centro più elevato di tutta la dorsale appenninica.

Il borgo nasce in epoca medievale, e venne a svilupparsi attorno all’omonimo “Santuario di San Pellegrino in Alpe”. Il santuario venne eretto per garantire l’assistenza a viandanti e pellegrini, nel tratto più impervio e disagevole dell’importante via delle Radici.
Ancora oggi il santuario è meta di migliaia di visitatori e mantiene le spoglie mummificate dei santi Pellegrino e Bianco.

L’importanza religiosa del sito è tangibile ancora oggi. Sono ancora moltissimi i fedeli che percorrono la via Vandelli che porta al santuario, tenendo con sé un masso che avrebbe reso ancora più difficoltoso il raggiungimento di questo vero “avamposto” della fede cristiana.

La rilevanza storica del luogo è inoltre testimoniata anche dal “Museo della Civiltà Contadina” dove vengono mantenuti e conservati reperti centenari, principalmente utilizzati dagli abitanti del luogo nella vita di tutti i giorni.



Le orme degli uomini primitivi al Pescale

La spianata del “Castellaro” – che noi delle vallate del Dolo e del Dragone possiamo scorgere alla confluenza del Secchia con il Rio Pescarola scendendo a valle verso Castellarano, nella strettoia rocciosa e ripidissima che il fiume ha scavato in quella zona che viene chiamata “Il Pescale” (lungo la salita che si incontra dopo il paese di Roteglia) – è stata la sede di un villaggio preistorico di notevole estensione.

Nella zona pianeggiante a monte del roccione sorgeva un villaggio costituito da grandi capanne di legno e di argilla delle quali sono stati ritrovati i basamenti perimetrali: erano costruzioni a forma di ellisse con i pavimenti scavati nel terreno; i resti di questo insediamento risalgono, secondo gli studiosi, a circa cinquemila anni fa. A partire da questa data fino a circa tremila anni fa, si susseguirono diverse civiltà molto simili a quelle dell’Emilia Occidentale; sono stati portati alla luce numerosi manufatti del neolitico e altri dell’età del rame e del bronzo. Nelle zone vicine di Roteglia e Castellarano sono stati ritrovati oggetti risalenti all’età del bronzo e del ferro e numerosi frammenti di laterizi che fanno presumere l’esistenza di antichissime fornaci adibite alla cottura di argille.

Quando passiamo a sostenuta velocità con la nostra auto gettiamo uno sguardo oltre il fiume, alla spianata che sovrasta “Il Pescale”, forse rivedremo qualche homo sapiens che ci farà ripensare alle nostre origini e ci inviterà a rallentare. Fatelo anche voi quando passate vicino a questo luogo.



Una storia comune da (ri)vivere

La storia del nostro territorio è stata segnata profondamente dallo sviluppo di varie bande partigiane locali e dalla conseguente esperienza della Prima Repubblica di Montefiorino, nonché dalle violente ritorsioni operate delle armate nazi-fasciste nei confronti della popolazione inerme.

Questi eventi hanno marcato il vissuto e la memoria di intere comunità del territorio e solo oggi, a distanza ormai di quasi 80 anni è possibile conoscere i dettagli e i lasciti di quel passato così drammatico.

Nei comuni di Palagano e Montefiorino è possibile quindi percorrere un vero e proprio viaggio nella storia.

Il Museo della Resistenza di Montefiorino

Il Museo della Resistenza di Montefiorino è ospitato all’interno della spettacolare cornice della Rocca di Montefiorino e offre un ricco allestimento permanente che ripercorre le principali tappe che hanno portato alla Liberazione Italiana. Il Museo si snoda su un percorso coerente di nove stanze, nelle quali si combinano rievocazione diretta del passato, attraverso reperti e testimonianze (ma anche sfruttando il fascino della rocca) e uso di tecnologie multimediali avanzate.

Parco di Santa Giulia

Il Memorial Santa Giulia è inserito nel “Parco della Resistenza Monte Santa Giulia” e fu costituito negli anni ‘70 per ricordare i fatti salienti della Resistenza modenese. Si tratta di un punto di riferimento storico della strage di Monchio e della Repubblica di Montefiorino, ritenuta la prima Repubblica Partigiana costituita in Italia durante l’occupazione nazista.

Da oltre 35 anni, il luogo ospita un gruppo scultoreo a forma circolare costituito da opere di artisti italiani, ma anche argentini, haitiani, polacchi, rumeni e giapponesi, eterogenei per formazione, gusto e tradizione e che hanno voluto rappresentare con linguaggi diversi gli ideali di libertà che sorressero uomini in arme e civili al tempo della lotta partigiana. Questa affascinante installazione permanente è riconosciuta come una delle opere di maggior valore artistico realizzate in Emilia Romagna nel XX Secolo e, nel suo genere, è sicuramente un’installazione unica al mondo.

Buca di Susano

La “Buca di Susano”, inaugurata nel 2021, è un memoriale sorto sui resti di una povera casa di campagna che il 18 marzo 1944 fu teatro di un’orrenda strage nazifascista che si perpetrò poi nei borghi vicini.

Oggi la Buca di Susano presenta una stele commemorativa realizzata dall’artista Dario Tazzioli e la suggestiva installazione “Le Luci nel vento”, 136 luci montate su aste di carbonio ondeggianti nella notte, a perenne ricordo di chi perse la vita durante quelle stragi. Un luogo di memoria e di vita, dove periodicamente trovano spazio concerti e proposte culturali e artistiche.

Don Sante Bartolai

Figura simbolica della Resistenza in quest’area fu don Sante Bartolai, curato di Palagano e anima di un gruppo di una cinquantina di partigiani. Arrestato il 9 marzo 1944 a Montefiorino in seguito a scontri tra partigiani e fascisti, fu trasferito prima a Modena, poi a Fossoli e da lì a Mauthausen, da dove fece ritorno nel 1945 per diventate parroco di Savoniero.

Oggi la figura di questo parroco è ricordato da un monumento sul sagrato della chiesa di Savoniero e nel parco a lui dedicato in cui è stata posizionata una stele commemorativa.