Il Muro dei Matti

Tra le attrazioni sportive più importanti del Comune di Palagano, il Muro dei Matti merita una menzione speciale.
Una salita che parte dal centro del paese e che si inerpica verso la borgata di Santo Stefano fino a raggiungere l’imbocco del terribile tratto denominato, appunto, “Muro dei Matti”, che svalica nel borgo di Montemolino.

Per gli appassionati di ciclismo un muro è una salita particolarmente impegnativa che mette a dura prova anche la resistenza del cicloamatore più allenato. Il Muro dei Matti, oltre a essere l’unico muro presente in Emilia, è diventato immediatamente un luogo di culto per gli amanti del ciclismo, soprattutto dopo il passaggio del Giro d’Italia 2020. La difficoltà del tratto di salita, unita alla goliardia messa in campo dagli abitanti del paese hanno reso questo passaggio uno dei momenti più intensi di quell’edizione della Corsa Rosa.

Ogni weekend decine di cicloamatori si cimentano in questa ascesa infernale, che ha ricevuto un battesimo ufficiale da una delle voci più amate dal ciclismo italiano, Riccardo Magrini, che a Palagano e nella Valle del Dragone è ormai di casa.



L'Oratorio di San Vitale

L’Oratorio di San Vitale di Monchio è un raro esempio di struttura romanica secondaria, di piccole dimensioni.

Questa caratteristica chiesa romanica è situata su un piccolo sperone roccioso nei pressi del torrente Dragone.
La struttura principale fu edificata nel XIII secolo senza abside e ad aula unica, utilizzando blocchi d’arenaria. Nel XVII secolo fu dotata di un caratteristico campanile a vela.

A poca distanza sorge l’imponente casa-torre cinquecentesca di Ca’ dei Gigli. La torre di Cà dei Gigli è l’unica restante delle tre torri fatte costruire dal duca di Modena per difendere il territorio e i viandanti dai briganti che infestavano il territorio. Fu costruita nel ‘500 ed è una delle più imponenti e artistiche della zona.



La Pieve di Rubbiano

Il cristianesimo, che si era diffuso nella pianura Padana, a partire dal VII secolo dopo Cristo penetrò gradualmente tra le popolazioni dell’Appennino. Nacquero quindi anche i primi luoghi di culto e tra questi, nelle nostra vallata uno dei primi fu la Pieve di Santa Maria Assunta di Rubbiano. Questo piccolo paesino acquistò una certa importanza strategica dopo la conquista dei Longobardi che tracciarono la Via Bibulca, il principale collegamento tra Mutina e la Toscana.

Rubbiano crebbe in ricchezza e potere tanto da esercitare la propria egemonia su diverse parrocchie della vallata. Tra il 1100 ed il 1200 fu edificato quel piccolo gioiello di arte romanica che è la pieve.

Costruita con blocchi regolari e squadrati di arenaria, presenta tre navate terminanti in altrettante absidi. A fianco si innalza un elegante campanile a torre con bifore e ampi finestroni.
Interessantissime sono le absidi ornate verticalmente da lesene che terminano in archetti pensili decorati con figure animali, ornamenti floreali ed elementi fantastici; sopra questo gioco di archi, corre un motivo ornamentale di “denti a sega” a formare un’elegante cornice. L’interno è piuttosto spoglio, ma tale da creare una straordinaria suggestione: le colonne sormontate da eleganti capitelli classici e il gioco della scarsa luce che penetra dalle piccole finestre laterali donano un profondo senso di raccoglimento e di preghiera. Nel braccio sinistro del “transetto” si può ammirare una stupenda acquasantiera in marmo ornata da figure mitologiche.
La pieve costituisce senza dubbio uno dei più begli esempi di architettura romanica del nostro Appennino, un’affascinante sorpresa per qualunque visitatore.

Se vi capiterà di passare nelle splendide vallate del Dolo e del Dragone, cercate un momento di raccoglimento in questo angolo di pace che saprà stupirvi per la sua semplicità e contemporaneamente per la sua grande espressione artistica. La Pieve di Rubbiano è uno dei gioielli di architettura sacra di tutto l’Appennino Tosco-Emiliano.



La Rocca di Montefiorino

Una poderosa fortezza che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone.
Posta su uno sperone roccioso che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone, la Rocca sorse probabilmente su una postazione dei Liguri e poi dei Romani; si sviluppò attorno al mastio, costruito nel 1170 da Bernardo Montecuccoli feudatario dell’Abate di Frassinoro, a difesa delle terre soggette all’Abbazia. Baluardo dei Montecuccoli, presidio sui percorsi medievali dei pellegrini, nel 1426 passò agli Este.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fu il principale avamposto del governo democratico della “Repubblica Partigiana di Montefiorino” (Giugno-Agosto 1944).
Oggi la Rocca ospita al suo interno il “Museo della Repubblica Partigiana e della Resistenza Italiana”, un ricchissimo museo che offre ai visitatori un percorso integrato, capace di unire la presenza di moltissimi reperti storici a strumenti multimediali interattivi per un’esperienza culturale coinvolgente e unica.

L’antica torre di guardia, grazie ad un intervento di recupero, è oggi visitabile e alla sua sommità è presente un balcone panoramico con vista a 360° sulle valli Dolo e Dragone e sulle vette dei monti Cimone e Cusna.

Una Rocca “Rock”

Montefiorino, Palagano e Frassinoro condividono una naturale propensione artistica e un legame quasi simbiotico tra i giovani del territorio e la musica. Sono tantissime le band in relazione al numero di abitanti. Molti di questi complessi musicali realizzano delle proposte inedite che coprono un ampio spettro di generi musicali. Dal rock al blues, dal country allo ska.

Proprio la Rocca ospita spesso questi happening musicali, che in altri paesi potrebbe tradursi nella più classica delle Battle of The Band: il “Rocca Rock”.
Oltre a questo evento la Rocca di Montefiorino ospita già da alcuni anni il concerto di fine anno di Rockwood, la prima School of Rock dell’Appennino Modenese con sede a Montefiorino.



La Centrale Idroelettrica di Farneta

Tra le opere di archeologia industriale più spettacolari del territorio modenese, spicca senza ombra di dubbio la centrale idroelettrica di Farneta,

A Farneta si trova una delle maggiori testimonianze della tecnologia industriale idroelettrica: la centrale “Romeo Melli”, conosciuta dagli abitanti del nostro territorio semplicemente come  “La Centrale“.
Edificata tra il 1924 e il 1929 la Centrale Idroelettrica sfruttava le acque del torrente Dolo tramite la diga di Fontanaluccia.

L’edificio principale, che consiste nel corpo centrale dell’intera struttura, è davvero spettacolare e realizzato totalmente in stile liberty.

La particolarità della Centrale di Farneta è data dalla suggestiva commistione tra reperti originali e dettagli d’epoca con le tecnologie e gli strumenti tecnologici tuttora presenti sull’impianto.
Oltre alla sezione “museale” della Centrale che presenta una mostra permanente degli impianti storici che può essere visitata su prenotazione, troviamo anche delle aree in cui è possibile l’accesso ai visitatori che vogliono conoscere il funzionamento della centrale e scoprire i segreti delle tecnologie e dei macchinari ancora attivi e funzionanti.
Le strutture d’epoca sono state tutte sottoposte a un restauro conservativo che ha contribuito a renderle fruibili, senza intaccarne le caratteristiche originali e le particolarità storiche.

All’interno della Centrale si trova una grande sala che ha mantenuto intatti i decori dell’epoca. Questa sala oggi è adibita a museo e raccoglie a scopo didattico uno dei quattro gruppi turbina alternatore, con la sala quadri di comando e controllo della vecchia centrale e varie attrezzature necessarie per la manutenzione dell’impianto.

Oltre a essere uno dei più interessanti esempi di archeologia e architettura industriale della regione Emilia Romagna, la centrale di Farneta è un museo vivo, assolutamente da non perdere per tutti gli amanti della storia e della meccanica.



Il Santuario della Beata Vergine della Neve

Il “Santuario di Pietravolta” è un luogo unico che conserva tutta la bellezza della stazione votiva appenninica.
L’edificio sacro, inizialmente eretto come semplice maestà votiva, è stato edificato a più di 1000 metri di altitudine, in località Pietravolta, all’interno del comune di Frassinoro.

Un luogo di culto che possiamo definire di frontiera: eretto sul ciglio dell’antica strada ”Imperiale” o “Bibulca”, ricordata più volte da diplomi imperiali del 900 e del 1000, ai bordi di una strada che attraversava la “Selva Romanesca” nominata da Tito Livio, in quello che allora era un ideale confine tra la Lucchesia e il Reggiano.

Intorno ai secoli XII° e XIII° la Badia di Frassinoro ebbe numerosi contatti con alcune abbazie di Francia che facevano capo alla più famosa abbazia di Cluny da cui per qualche tempo fu dipendente. Nei vari pellegrinaggi, visite e scambi tra le due abbazie, pare che un monaco, insieme ad altri, nell’andata a Frassinoro (o nel ritorno) venisse sorpreso da una paurosa tormenta di neve che, nella sella scoperta dal bosco, a 1160 metri fra le due Valli del Dolo e del Dragone (dove ora sorge il Santuario) si era fatta più insidiosa tanto da mettere in pericolo la vita dei viaggiatori. I monaci decisero di pregare e di invocare la Madonna venerata nella loro abbazia come la pierre qui vire e solo allora riuscirono a raggiungere qualche casolare e a uscire dalla pericolosa tormenta. Grati per questi insperato aiuto, i monaci raccontarono l’avvenimento e decisero di collocare un’immagine della Beata Vergine della pierre qui vire, in italiano della “pietra che volta”, da cui “Pietravolta”.

Da allora quel dipinto è ritenuto miracoloso e la Madonna di Pietravolta divenne una meta di pellegrinaggio e di adorazione da parte di devoti che arrivavano da molte parti d’Italia.

Oggi l’edificio ospita una Casa di Preghiera gestita dall’ordine delle Carmelitane Minori della Carità ed è un’oasi di pace e silenzio posta tra i monti dell’Appennino. Un luogo dal fascino austero e allo stesso tempo misterioso che merita senz’altro di essere ammirato, magari in una giornata di primavera o d’autunno, quando la vegetazione circostante acquista dei colori incantati che rendono questo piccolo santuario ancora più bello.



Il Santuario di San Pellegrino in Alpe

Una scenografica balconata naturale. Amministrativamente il centro di San Pellegrino in Alpe è un’exclave del comune di Frassinoro e con i suoi 1525 m.s.l.m è il centro più elevato di tutta la dorsale appenninica.

Il borgo nasce in epoca medievale, e venne a svilupparsi attorno all’omonimo “Santuario di San Pellegrino in Alpe”. Il santuario venne eretto per garantire l’assistenza a viandanti e pellegrini, nel tratto più impervio e disagevole dell’importante via delle Radici.
Ancora oggi il santuario è meta di migliaia di visitatori e mantiene le spoglie mummificate dei santi Pellegrino e Bianco.

L’importanza religiosa del sito è tangibile ancora oggi. Sono ancora moltissimi i fedeli che percorrono la via Vandelli che porta al santuario, tenendo con sé un masso che avrebbe reso ancora più difficoltoso il raggiungimento di questo vero “avamposto” della fede cristiana.

La rilevanza storica del luogo è inoltre testimoniata anche dal “Museo della Civiltà Contadina” dove vengono mantenuti e conservati reperti centenari, principalmente utilizzati dagli abitanti del luogo nella vita di tutti i giorni.



L'Abbazia di Frassinoro

L’Abbazia benedettina di S. Maria e S. Claudio di Frassinoro venne edificata 951 anni fa, fu voluta dalla madre di Matilde di Canossa, Beatrice di Lotaringia. L’abbazia era posta in un luogo strategico, lungo la Via Bibulca, “autostrada” del medioevo fondamentale per gli spostamenti e l’economia del tempo. Con questa strada, alternativa al percorso attualmente denominato Via Matildica e “del Volto Santo” prevalentemente in terra reggiana, i Canossa si spostavano da Mantova a Lucca, passando da Nonantola e dai castelli più orientali del loro dominio.

Nel 1077, con privilegio emanato da Beatrice, l’abate di Frassinoro ottenne in aggiunta a quella religiosa anche l’autorità temporale sull’intera Val Dragone e su buona parte dell’adiacente Val Dolo, che divennero col nome “Terre della Badia” vero e proprio feudo abbaziale e l’abbazia di Frassinoro divenne un importante centro di controllo sulle corti vicine.

Chi visita l’abbazia si trova catapultato in un vero scrigno di storia e di bellezza. Catturano l’occhio dei visitatori l’altare maggiore, di legno intarsiato, il grande organo dei primi del Novecento, un rilievo scolpito su una lastra triangolare che raffigura un uomo al centro di due grifoni.