L'Oratorio di San Vitale

L’Oratorio di San Vitale di Monchio è un raro esempio di struttura romanica secondaria, di piccole dimensioni.

Questa caratteristica chiesa romanica è situata su un piccolo sperone roccioso nei pressi del torrente Dragone.
La struttura principale fu edificata nel XIII secolo senza abside e ad aula unica, utilizzando blocchi d’arenaria. Nel XVII secolo fu dotata di un caratteristico campanile a vela.

A poca distanza sorge l’imponente casa-torre cinquecentesca di Ca’ dei Gigli. La torre di Cà dei Gigli è l’unica restante delle tre torri fatte costruire dal duca di Modena per difendere il territorio e i viandanti dai briganti che infestavano il territorio. Fu costruita nel ‘500 ed è una delle più imponenti e artistiche della zona.



La Pieve di Rubbiano

Il cristianesimo, che si era diffuso nella pianura Padana, a partire dal VII secolo dopo Cristo penetrò gradualmente tra le popolazioni dell’Appennino. Nacquero quindi anche i primi luoghi di culto e tra questi, nelle nostra vallata uno dei primi fu la Pieve di Santa Maria Assunta di Rubbiano. Questo piccolo paesino acquistò una certa importanza strategica dopo la conquista dei Longobardi che tracciarono la Via Bibulca, il principale collegamento tra Mutina e la Toscana.

Rubbiano crebbe in ricchezza e potere tanto da esercitare la propria egemonia su diverse parrocchie della vallata. Tra il 1100 ed il 1200 fu edificato quel piccolo gioiello di arte romanica che è la pieve.

Costruita con blocchi regolari e squadrati di arenaria, presenta tre navate terminanti in altrettante absidi. A fianco si innalza un elegante campanile a torre con bifore e ampi finestroni.
Interessantissime sono le absidi ornate verticalmente da lesene che terminano in archetti pensili decorati con figure animali, ornamenti floreali ed elementi fantastici; sopra questo gioco di archi, corre un motivo ornamentale di “denti a sega” a formare un’elegante cornice. L’interno è piuttosto spoglio, ma tale da creare una straordinaria suggestione: le colonne sormontate da eleganti capitelli classici e il gioco della scarsa luce che penetra dalle piccole finestre laterali donano un profondo senso di raccoglimento e di preghiera. Nel braccio sinistro del “transetto” si può ammirare una stupenda acquasantiera in marmo ornata da figure mitologiche.
La pieve costituisce senza dubbio uno dei più begli esempi di architettura romanica del nostro Appennino, un’affascinante sorpresa per qualunque visitatore.

Se vi capiterà di passare nelle splendide vallate del Dolo e del Dragone, cercate un momento di raccoglimento in questo angolo di pace che saprà stupirvi per la sua semplicità e contemporaneamente per la sua grande espressione artistica. La Pieve di Rubbiano è uno dei gioielli di architettura sacra di tutto l’Appennino Tosco-Emiliano.



Museo della Repubblica di Montefiorino e della Resistenza Italiana

Il Museo nasce dalla volontà di perpetuare e attualizzare le memorie, la conoscenza e il lascito ideale della lotta di liberazione attraverso un allestimento moderno che si propone come strumento privilegiato di sensibilizzazione e formazione storica per le generazioni emergenti, grazie a una serie di strumenti interattivi che permettono una fruizione dei contenuti innovativa e personalizzata.

La caratteristica unica di questo Museo è però la capacità di far dialogare una incredibile dimensione locale al contesto nazionale e questa “missione” la si evince anche dalla denominazione stessa del luogo.
Il Museo attuale si snoda in un percorso di nove stanze e rimane centrato sulle vicende della “repubblica” del 1944 sebbene all’interno di un contesto più generale e di più lungo periodo: dal fascismo all’antifascismo, dal 25 luglio e 8 settembre all’invasione tedesca, con la rinascita del fascismo in una nuova veste fino alla risposta della Resistenza.

Molte stanze presentano reperti bellici e militari di tutte le forze in campo. In esposizione permanente troviamo infatti reperti di epoca fascista e materiali utilizzati dalle truppe partigiane, munizioni, armamenti e divise delle truppe di occupazione tedesca, e oggetti e prodotti riservati ai civili di produzione americana.



La Festa dei Matti

“……Palagano si chiama il bel Paese,
Patria di geni e di cervelli fini,
che s’illustrar con clamorosi fatti,
e il nome ambito meritar di matti !”

(dal Canto Primo del poemetto “Palaganeide e altre storie” di Don Tanino Nizzi)

Una festa di paese che negli anni è diventata uno degli appuntamenti più importanti dell’estate non solo del nostro territorio, ma di tutta la provincia di Modena. La “Festa dei Matti” viene portata avanti grazie all’aiuto dei volontari del “Comitato Contrada Aravecchia” che cura tutta l’organizzazione della festa.
Oltre a stand gastronomici e ricchi menu serali (peraltro sempre diversi e che accontentano il palato di tutti i visitatori) la Festa dei Matti offre una vastissima area attrezzata per bambini “L’Isola dei Piccoli Matti”, in cui sono presenti gonfiabili, animatrici e animatori truccabimbi.

Particolarmente apprezzati sono gli spettacoli musicali che, negli anni, hanno visto la partecipazione delle migliori orchestre di liscio nazionali (Orchestra Bagutti, Il Grande Evento, Omar Codazzi, Castellina Pasi), ma anche interpreti della musica leggera italiana come Riccardo Fogli, Iva Zanicchi, Fiordaliso, Fausto Leali e molti altri.

Tutti gli spettacoli sono gratuiti e richiamano tantissimo pubblico da tutta la regione. Un motivo in più per venire a Palagano la seconda settimana di agosto.



Il rombo dei motori, sulla riva del fiume

Non c’è un amante dell’off-road, a due o a quattro ruote, che non abbia almeno una volta nella vita sentito parlare della Pista di Fuoristrada del Dragone a Palagano. Molti fortunati hanno poi avuto la fortuna di percorrerla e di superare i suoi guadi, le sue salite scoscesi, i massi sul fiume e il temibile e scivolosissimo “Dente”, una vera parete di roccia liscia che rappresenta uno dei tratti più ostici, ma anche il più sfidante per ogni fuoristradista che si rispetti.

Costituito nel 1982 per lo sviluppo e la conoscenza del fuoristradismo e per incentivare turisticamente il territorio, oggi è una pista che ospita degli eventi molto importanti per il calendario dell’off-road nazionale. La pista raggiunge i 16 km di lunghezza, offrendo panorami molto suggestivi e passaggi spiccatamente tecnici che mettono a dura prova anche il pilota più esperto.

Oggi uno degli eventi di maggior richiamo è rappresentato dall’X-Tribe, un appuntamento non competitivo che riunisce la tribù dei fuoristradisti che gareggiano sulla stessa pista, giorno e notte, col sole e con la neve, indipendentemente da marca, prezzo e preparazione del 4×4, ma solo con la sana voglia di stare assieme e condividere la propria passione in una delle piste più suggestive d’Italia.



Mostra mercato del Tartufo di Montefiorino

Un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti del tartufo tutelato dal marchio “Tradizione e Sapori di Modena”, una tra le materie prime più pregiate e desiderate dagli amanti della buona cucina.

La “Mostra Mercato del Tartufo”, giunta nel 2022 alla trentesima edizione, si ripete tutti gli anni tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre e permette di acquistare e valutare pepite provenienti dal nostro territorio e dalle aree immediatamente adiacenti.
In queste giornate (l’evento occupa infatti due weekend consecutivi) i ristoranti del territorio offrono la possibilità di gustare piatti che hanno come protagonista proprio il tartufo bianco e nero delle Valli Dolo e Dragone, offrendo un percorso gastronomico di assoluta eccellenza.

La Mostra Mercato del Tartufo è anche molto altro: le vie del paese sono animate da mercatini di artigianato artistico, hobbisti e stand di specialità gastronomiche del territorio, e sono un’occasione per partecipare a momenti culturali e ad esposizioni pittoriche e artistiche.



I Grani antichi e i Cereali

La lunga tradizione della coltivazione cerealicola sull’Appennino modenese è dimostrata dall’esistenza di numerosi mulini ad acqua presenti, e in buona parte attivi, fino alla seconda guerra mondiale. Se ne contavano infatti complessivamente 209, di cui 31 nelle Valli del Dolo e del Dragone.

Ancora oggi diverse aziende agricole portano avanti una tradizione antichissima producendo farine ricavate attraverso un sapiente recupero di varietà autoctone o comunque tradizionalmente coltivate nell’area montana modenese: Senatore Cappelli, Mutina, Marzocchio, etc.

Grazie all’utilizzo di tecnologie moderne e processi di macinatura lenta, come la macinazione a pietra, il prodotto che nasce è una vera eccellenza.
Ovviamente queste farine, ricchissime dal punto di vista nutrizionale e realizzate con una cura artigianale, sono il cuore di tutti i prodotti di pasta fresca, pasta secca, prodotti dolciari e salati che potrete gustare nei nostri territori.



La Via Bibulca, a piedi lungo la storia

L’autunno è forse la stagione migliore per andare a passeggiare e scoprire l’incanto dei nostri luoghi.
Con il mutare del colore delle foglie prima della caduta invernale, il bosco assume un colore cangiante e girovagare per sentieri diventa un momento anche contemplativo.

Oltre ai sentieri “offroad” il nostro territorio offre inoltre antiche vie di comunicazione che oggi rappresentano dei percorsi capaci di unire il fascino della storia alla meraviglia della natura incontaminata.
Una di queste vie è l’antichissima “Via Bibulca”, larga come una mulattiera d’oggi, ma che per l’epoca era un vero stradone, che poteva essere percorsa addirittura da due buoi aggiogati.
Fu nominata già nel diploma carolingio del 781 con il nome di “Via Nova”, poi assunse altri pittoreschi nomi come “La Via dei Buoi” e “Via Imperiale”, fino a mantenere quello attuale, appunto, di Via Bibulca. L’apertura di questa via di comunicazione potrebbe risalire all’VIII secolo, a seguito della conquista longobarda dei territori appenninici della provincia di Modena.
Molti studiosi, però, fanno risalire l’origine di questa via a epoche ben più antiche, addirittura al periodo pre-romanico.

Lungo questa strada sorgevano diversi ospizi per i viandanti e i pastori che la percorrevano, nei pressi di Frassinoro, Piandelagotti e San Pellegrino in Alpe.
La Via Bibulca conobbe il suo periodo di massima importanza sul finire dell’XI secolo, a partire dalla fondazione dell’Abbazia di Frassinoro (1071), ad opera di Beatrice, madre di Matilde. La sua costruzione fu dettata anche da ragioni politiche di controllo del territorio, facilitato dalla presenza di una delle più importanti strade del medioevo.
Nel 1522 Ludovico Ariosto, recandosi ad assumere il governo della Garfagnana, sperimentò lo stato disastroso a cui era ridotta la via definendola “iniqua strada“.

Il percorso escursionistico della Via Bibulca ricalca l’originaria traccia storica che dall’ampia Valle del Secchia conduceva i viandanti a S. Pellegrino in Alpe lungo mulattiere e carreggiate che formano un unico grande sentiero, in alcuni tratti ben marcato dai residui delle vecchie pavimentazioni e, in altre parti, asfaltato.

Superato Montefiorino, la Bibulca inizia il suo tratto più panoramico che costeggia le principali sommità dello spartiacque Dolo-Dragone.
Altri suggestivi scenari sulle catene più alte, sono visibili verso est dove si ergono le dorsali di Alpesigola, Sassotignoso e, sullo sfondo, il monte Cimone in tutta la sua imponenza.



La Rocca di Montefiorino

Una poderosa fortezza che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone.
Posta su uno sperone roccioso che domina le valli dei torrenti Dolo e Dragone, la Rocca sorse probabilmente su una postazione dei Liguri e poi dei Romani; si sviluppò attorno al mastio, costruito nel 1170 da Bernardo Montecuccoli feudatario dell’Abate di Frassinoro, a difesa delle terre soggette all’Abbazia. Baluardo dei Montecuccoli, presidio sui percorsi medievali dei pellegrini, nel 1426 passò agli Este.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fu il principale avamposto del governo democratico della “Repubblica Partigiana di Montefiorino” (Giugno-Agosto 1944).
Oggi la Rocca ospita al suo interno il “Museo della Repubblica Partigiana e della Resistenza Italiana”, un ricchissimo museo che offre ai visitatori un percorso integrato, capace di unire la presenza di moltissimi reperti storici a strumenti multimediali interattivi per un’esperienza culturale coinvolgente e unica.

L’antica torre di guardia, grazie ad un intervento di recupero, è oggi visitabile e alla sua sommità è presente un balcone panoramico con vista a 360° sulle valli Dolo e Dragone e sulle vette dei monti Cimone e Cusna.

Una Rocca “Rock”

Montefiorino, Palagano e Frassinoro condividono una naturale propensione artistica e un legame quasi simbiotico tra i giovani del territorio e la musica. Sono tantissime le band in relazione al numero di abitanti. Molti di questi complessi musicali realizzano delle proposte inedite che coprono un ampio spettro di generi musicali. Dal rock al blues, dal country allo ska.

Proprio la Rocca ospita spesso questi happening musicali, che in altri paesi potrebbe tradursi nella più classica delle Battle of The Band: il “Rocca Rock”.
Oltre a questo evento la Rocca di Montefiorino ospita già da alcuni anni il concerto di fine anno di Rockwood, la prima School of Rock dell’Appennino Modenese con sede a Montefiorino.



La Centrale Idroelettrica di Farneta

Tra le opere di archeologia industriale più spettacolari del territorio modenese, spicca senza ombra di dubbio la centrale idroelettrica di Farneta,

A Farneta si trova una delle maggiori testimonianze della tecnologia industriale idroelettrica: la centrale “Romeo Melli”, conosciuta dagli abitanti del nostro territorio semplicemente come  “La Centrale“.
Edificata tra il 1924 e il 1929 la Centrale Idroelettrica sfruttava le acque del torrente Dolo tramite la diga di Fontanaluccia.

L’edificio principale, che consiste nel corpo centrale dell’intera struttura, è davvero spettacolare e realizzato totalmente in stile liberty.

La particolarità della Centrale di Farneta è data dalla suggestiva commistione tra reperti originali e dettagli d’epoca con le tecnologie e gli strumenti tecnologici tuttora presenti sull’impianto.
Oltre alla sezione “museale” della Centrale che presenta una mostra permanente degli impianti storici che può essere visitata su prenotazione, troviamo anche delle aree in cui è possibile l’accesso ai visitatori che vogliono conoscere il funzionamento della centrale e scoprire i segreti delle tecnologie e dei macchinari ancora attivi e funzionanti.
Le strutture d’epoca sono state tutte sottoposte a un restauro conservativo che ha contribuito a renderle fruibili, senza intaccarne le caratteristiche originali e le particolarità storiche.

All’interno della Centrale si trova una grande sala che ha mantenuto intatti i decori dell’epoca. Questa sala oggi è adibita a museo e raccoglie a scopo didattico uno dei quattro gruppi turbina alternatore, con la sala quadri di comando e controllo della vecchia centrale e varie attrezzature necessarie per la manutenzione dell’impianto.

Oltre a essere uno dei più interessanti esempi di archeologia e architettura industriale della regione Emilia Romagna, la centrale di Farneta è un museo vivo, assolutamente da non perdere per tutti gli amanti della storia e della meccanica.