Il Monte Calvario e i rilievi ofiolitici

La rupe del Calvario, spesso chiamata “Monte Calvario”, è una delle più suggestive emergenze naturali delle Valli del Dolo e del Dragone. Un’antica formazione ofiolitica che svetta verticalmente attraverso i boschi che sovrastano il torrente Dragone.

L’affioramento roccioso del Calvario rappresenta un elemento dalle caratteristiche singolari rispetto al contesto circostante e costituisce un importante testimonianza degli eventi geologici che hanno segnato profondamente la storia della Terra. I siti di interesse geologico o geositi, insieme alle altre componenti ambientali, formano il patrimonio naturale di un territorio e pertanto meritano di essere valorizzati e tutelati.
Nel 2014 è stato realizzato un itinerario ecologico-ambientale per far conoscere a studenti e turisti questa spettacolare area.

La rupe del Calvario presenta moltissime caratteristiche uniche, spesso nascoste. Innanzitutto quest’area è un habitat ideale per una ricchissima fauna endemica. Nel perimetro di questa asperità sono presenti diversi anfibi, come il rospo comune e il tritone alpestre, rettili come la lucertola muraiola, il ramarro e la vipera.

I segni di un passato vulcanico

La fuoriuscita della lava sul fondale oceanico, a diretto contatto dell’acqua e a profondità piuttosto elevate, porta alla formazione di caratteristiche strutture tondeggianti detti “cuscini” o “pillows“. Queste manifestazioni vulcaniche sono tipiche sia delle eruzioni attuali che del passato, come quando si solidificarono le rocce basaltiche che formano la maggior parte degli affioramenti ofiolitici presenti nella valle del Dragone.

Sulle superfici esterne dei pillows si possono frequentemente osservare piccole masserelle sferoidali di colore variabile dal biancastro al verde scuro, dette “varioliti”, legate al rapido raffreddamento, a contatto con l’acqua del mare, delle “gocce” di magma fuoriuscito dalle pareti dei pillows precedentemente solidificatesi. Anche queste manifestazioni sono una caratteristica che accomuna le lave dei fondali oceanici attuali con quelle effuse nel passato.

Strutture a pillows sono molto ben conservate e facilmente osservabili nella parte basale del complesso ofiolitico Calvario, specialmente in prossimità del letto del torrente Dragone.

Oratorio del Calvario

Risale al 1861 l’autorizzazione dell’arcivescovo di Modena a edificare, sulla rupe del Calvario, un oratorio per potervi celebrare la S. Messa e le sacre funzioni. L’edificio con buona probabilità doveva sostituire una maestà o una piccola cappella ove i fedeli della vallata si recavano abitualmente a venerare l’immagine della Beata Vergine Addolorata.

L’oratorio fu ultimato e benedetto nel 1862. L’anno successivo l’arcivescovo di Modena concedeva l’indulgenza di 40 giorni a quei fedeli che “colle dovute disposizioni reciteranno tre Ave Maria innanzi all’immagine dell’Addolorata”. Nello stesso anno veniva pure eretta canonicamente la Confraternita della B.V. Addolorata. L’edificio subì un rapido deterioramento, tanto che nel 1899 tra i parrocchiani di Lago si raccolsero offerte per una sua “ricostruzione”. I lavori iniziarono nel 1919 e furono portati a termine nel 1923. Da allora la struttura è stata sottoposta a due ulteriori interventi di restauro, un primo intervento a metà degli anni ’60 e un secondo nel 2008.

Il calvario rappresenta un piccolo gioiello da scoprire, uno scrigno di segreti per gli amanti della natura, del trekking e degli escursionisti e di tutti gli amanti della storia.



Le orme degli uomini primitivi al Pescale

La spianata del “Castellaro” – che noi delle vallate del Dolo e del Dragone possiamo scorgere alla confluenza del Secchia con il Rio Pescarola scendendo a valle verso Castellarano, nella strettoia rocciosa e ripidissima che il fiume ha scavato in quella zona che viene chiamata “Il Pescale” (lungo la salita che si incontra dopo il paese di Roteglia) – è stata la sede di un villaggio preistorico di notevole estensione.

Nella zona pianeggiante a monte del roccione sorgeva un villaggio costituito da grandi capanne di legno e di argilla delle quali sono stati ritrovati i basamenti perimetrali: erano costruzioni a forma di ellisse con i pavimenti scavati nel terreno; i resti di questo insediamento risalgono, secondo gli studiosi, a circa cinquemila anni fa. A partire da questa data fino a circa tremila anni fa, si susseguirono diverse civiltà molto simili a quelle dell’Emilia Occidentale; sono stati portati alla luce numerosi manufatti del neolitico e altri dell’età del rame e del bronzo. Nelle zone vicine di Roteglia e Castellarano sono stati ritrovati oggetti risalenti all’età del bronzo e del ferro e numerosi frammenti di laterizi che fanno presumere l’esistenza di antichissime fornaci adibite alla cottura di argille.

Quando passiamo a sostenuta velocità con la nostra auto gettiamo uno sguardo oltre il fiume, alla spianata che sovrasta “Il Pescale”, forse rivedremo qualche homo sapiens che ci farà ripensare alle nostre origini e ci inviterà a rallentare. Fatelo anche voi quando passate vicino a questo luogo.



La Patata d'Alta Quota di Piandelagotti

La patata d’alta quota di Piandelagotti è un marchio di qualità riconosciuto dai Parchi dell’Emilia Centrale. La sua coltura fu avviata nel 1925, su iniziativa di monsignor Adolfo Lunardi, botanico di fama internazionale.

Oggi questo pregiato tubero viene coltivato dai 1100 mt di altitudine di Frassinoro, ai 1200 mt di Piandelagotti, sfruttando tutte le proprietà del substrato del terreno. La ricca presenza di acqua garantisce alle patate di montagna e in particolare alla patata d’alta quota di risultare estremamente ricca di sapore che dalla consistenza assolutamente unica e particolarmente adatta a tanti tipi di preparazione.

La Patata di Piandelagotti è stato il primo prodotto del paniere tutelato dal marchio collettivo “Alta Quota”, nato per tutelare e promuovere le produzioni oltre i 1000 metri di quota.

Ogni anno questa eccellenza viene celebrata a Piandelagotti durante la Sagra che prende il nome dal prodotto stesso. Un appuntamento imperdibile per chiunque voglia acquistare queste vere e proprie pepite d’oro.



Il "Ciaccio" tradizionale Palaganese

Acqua, farina e sale; ingredienti semplici che se sapientemente combinati creano una colla preziosa, da cui delle mani esperte e una coppia di piastre bollenti di ghisa (le cotte) riescono a ricavare una sfoglia deliziosa e croccante. Il ciaccio palaganese è una vera e propria istituzione culinaria del nostro territorio, un finger food rapido ed essenziale.

Il ciaccio Palaganese si condisce nella versione classica con il lardo spalmabile del territorio e una generosa dose di parmigiano reggiano, oppure in una versione più dolce, con crema di nocciole.

I “Maestri Ciacciai” di Palagano sono i veri depositari di una tradizione centenaria. Questo gruppo di volontari organizza stand in molte manifestazioni, spesso fuori dal comune di Palagano. Perché una festa che si rispetti deve per forza offrire un ciaccio tra le proposte gastronomiche.



Una storia comune da (ri)vivere

La storia del nostro territorio è stata segnata profondamente dallo sviluppo di varie bande partigiane locali e dalla conseguente esperienza della Prima Repubblica di Montefiorino, nonché dalle violente ritorsioni operate delle armate nazi-fasciste nei confronti della popolazione inerme.

Questi eventi hanno marcato il vissuto e la memoria di intere comunità del territorio e solo oggi, a distanza ormai di quasi 80 anni è possibile conoscere i dettagli e i lasciti di quel passato così drammatico.

Nei comuni di Palagano e Montefiorino è possibile quindi percorrere un vero e proprio viaggio nella storia.

Il Museo della Resistenza di Montefiorino

Il Museo della Resistenza di Montefiorino è ospitato all’interno della spettacolare cornice della Rocca di Montefiorino e offre un ricco allestimento permanente che ripercorre le principali tappe che hanno portato alla Liberazione Italiana. Il Museo si snoda su un percorso coerente di nove stanze, nelle quali si combinano rievocazione diretta del passato, attraverso reperti e testimonianze (ma anche sfruttando il fascino della rocca) e uso di tecnologie multimediali avanzate.

Parco di Santa Giulia

Il Memorial Santa Giulia è inserito nel “Parco della Resistenza Monte Santa Giulia” e fu costituito negli anni ‘70 per ricordare i fatti salienti della Resistenza modenese. Si tratta di un punto di riferimento storico della strage di Monchio e della Repubblica di Montefiorino, ritenuta la prima Repubblica Partigiana costituita in Italia durante l’occupazione nazista.

Da oltre 35 anni, il luogo ospita un gruppo scultoreo a forma circolare costituito da opere di artisti italiani, ma anche argentini, haitiani, polacchi, rumeni e giapponesi, eterogenei per formazione, gusto e tradizione e che hanno voluto rappresentare con linguaggi diversi gli ideali di libertà che sorressero uomini in arme e civili al tempo della lotta partigiana. Questa affascinante installazione permanente è riconosciuta come una delle opere di maggior valore artistico realizzate in Emilia Romagna nel XX Secolo e, nel suo genere, è sicuramente un’installazione unica al mondo.

Buca di Susano

La “Buca di Susano”, inaugurata nel 2021, è un memoriale sorto sui resti di una povera casa di campagna che il 18 marzo 1944 fu teatro di un’orrenda strage nazifascista che si perpetrò poi nei borghi vicini.

Oggi la Buca di Susano presenta una stele commemorativa realizzata dall’artista Dario Tazzioli e la suggestiva installazione “Le Luci nel vento”, 136 luci montate su aste di carbonio ondeggianti nella notte, a perenne ricordo di chi perse la vita durante quelle stragi. Un luogo di memoria e di vita, dove periodicamente trovano spazio concerti e proposte culturali e artistiche.

Don Sante Bartolai

Figura simbolica della Resistenza in quest’area fu don Sante Bartolai, curato di Palagano e anima di un gruppo di una cinquantina di partigiani. Arrestato il 9 marzo 1944 a Montefiorino in seguito a scontri tra partigiani e fascisti, fu trasferito prima a Modena, poi a Fossoli e da lì a Mauthausen, da dove fece ritorno nel 1945 per diventate parroco di Savoniero.

Oggi la figura di questo parroco è ricordato da un monumento sul sagrato della chiesa di Savoniero e nel parco a lui dedicato in cui è stata posizionata una stele commemorativa.



Vagabondare tra borghi

Scoprire il nostro territorio significa in primo luogo perdersi in un’esplorazione lenta dei suoi tanti borghi, che mantengono il fascino della cultura contadina e rurale e che rappresentano delle piccole stazioni di sosta in quella che può essere la scoperta di un “piccolo mondo antico”.

Spostarsi di paese in paese significa avvistare le tantissime testimonianze di un passato che non scompare, perché impresso e scolpito nella pietra.
Torri di guardia, case torri, piccole borgate, cappelle votive immerse nella natura… un vero e proprio patrimonio diffuso che parla al viaggiatore che non guarda l’orologio ma segue solo il suo “disorientamento”, il senso più puro e genuino che contraddistingue il viaggio di scoperta.

Dall’Australia per dipingere la bellezza dei borghi diffusi

“Paesano Tours” è un gruppo di appassionati affascinati dai paesaggi italiani che ogni anno decidono di partire dall’Australia per trascorrere delle vacanze molto particolari. I souvenir che riportano a casa sono infatti i quadri che loro stessi realizzano attraverso l’attenta osservazione dei piccoli borghi.

Da diversi anni ormai, una loro tappa obbligata è proprio nel nostro territorio perché in questi posti sono conservati tantissimi segreti inediti e straordinari.
Visioni personali e viste privilegiate.

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